A scuola di odio

Lorenzo è un ragazzo di sedici anni che ha imparato nella sua breve vita di emarginato e di discriminato che non esistono persone belle o brutte, perché tutti, chi più chi meno, hanno qualcosa, “se hai voglia di guardare bene”. Quando ha visto Antonio, il primo giorno di scuola, se ne è subito innamorato perché “Antonio aveva il sorriso, ma non con me, con me mai. Lo vedevo sempre da lontano, quando parlava con i suoi amici, quando il bullo si divideva con loro una sigaretta di nascosto nei dieci minuti della ricreazione. Un sabato pomeriggio l’ho seguito per le strade e gliel’ho visto tre volte. Una volta con una ragazza, un po’ imbarazzato, il secondo sorriso con la signora di un negozio di scarpe che gli aveva detto: “Tonino, come ti sei fatto grande”, e il terzo davanti a un bar. Poi a un certo punto Antonio si è accorto di me, e mentre risaliva sulla bicicletta mi ha guardato male dall’altro lato della strada. Io sono andato via, ho preso l’autobus e sono tornato a casa, e quasi avevo vergogna di quello che ero, anche se tutti all’istituto, specialmente la dottoressa, mi avevano detto che non mi dovevo vergognare mai” (Ivan Cotroneo, Un bacio, Bompiani Milano, pp. 92, euro 9,50).

Antonio, l’oggetto d’amore, non è il bullo violento che ci si potrebbe aspettare e questo rende il dramma che ci aspetta ancora più straziante. È solo un ragazzo che ha paura di quello che possono pensare gli altri, ma soprattutto è terrorizzato da se stesso e dall’ossessione di Lorenzo: “Non lo so perché ci penso a lui. Una volta a casa ero nel bagno che lo stavo facendo da solo, e a un certo punto c’era lui nella mia testa, con la sua faccia e i suoi occhi grandi, e allora ho smesso subito, sono uscito dal bagno, ho preso la bicicletta e sono andato a correre”.

Testimone di questo amore impossibile è Elena, l’insegnante di italiano, a cui è dedicato il secondo capitolo del libro, ma la sua storia è narrata in terza persona, quasi a staccare i due monologhi ricchi di tensione dei ragazzi e a farli risaltare di più. La presenza di Lorenzo in classe, la sua purezza e la sua incoscienza da innamorato, mettono Elena di fronte ai suoi rimpianti, alle sue rinunce, alla sua mancanza di coraggio, ai ricordi di Valeria, la studentessa che non riesce a dimenticare, a quei temi pieni di vita, di risentimento, di energia, e di una forza che quasi la spaventava: “Ma erano stati davvero quei temi a iniziare tutto? Se Valeria non avesse avuto quei capelli scuri e lunghi? Se non l’avesse guardata nel modo in cui sempre la guardava, come se si aspettasse qualcosa da lei, qualcosa che andava oltre l’insegnamento di nomi, opere valutazioni critiche?”

Tre punti di vista su una tragedia annunciata: la testimone, la vittima, il carnefice. In realtà tre vittime dell’omofobia, che ha già condannato inesorabilmente Lorenzo, il ragazzo che spesso osa mettere il rossetto sulle labbra e presentarsi a scuola con le unghie laccate, che impedisce a Elena di esternare i suoi sentimenti e ad Antonio di non essere attanagliato dalla paura.

“Due anni fa ero negli Stati Uniti”, mi racconta Cotroneo, “e ho letto di un terribile fatto di cronaca: un ragazzo quindicenne, Larry King, studente di un liceo californiano, era stato ucciso da un suo compagno, Brandon McInerney di 14 anni, con un colpo di pistola alla nuca. Nei giorni precedenti il delitto la vittima aveva corteggiato il suo assassino. L’episodio mi aveva molto impressionato ed è allora che ho avuto l’idea di raccontare a modo mio una storia di questo genere. Ricordo che al sit-in davanti al Parlamento italiano quando non è passata la ‘legge Concia’ contro l’omofobia, un ragazzo prese il microfono e disse che le persone che non hanno voluto questa legge sono moralmente responsabili degli episodi di omofobia. Penso che avesse assolutamente ragione. Io non saprei scrivere un saggio sull’omofobia, ma volevo fare qualcosa e ho provato a farlo a modo mio, scrivendo questo romanzo”.

Un romanzo più ‘militante’ rispetto ai precedenti? “Ci possono essere diverse forme di militanza”, dice ancora Cotroneo, “anche quando ho raccontato la storia d’amore tra due uomini in Cronaca di un disamore credo che fossi in qualche modo ‘miltante’, così come credo sia a suo modo ‘militante’ La kriptonite nella borsa. Certo gli altri miei libri sono più autobiografici, mentre qui è più forte l’urgenza di narrare quanto possa essere devastante la paura, e poi credo che la situazione in Italia stia peggiorando spaventosamente. Come si dice nel film di Ozpetek, Mine vaganti, siamo nel 2010! Appunto! Non siamo più nel 2000, ai tempi del world pride romano”.

“Certo l’omofobia c’è anche altrove”, conclude Cotroneo, “ma negli altri paesi si cerca di fare qualcosa per sconfiggerla, per arginarla; la politica si pone il problema e prende delle iniziative. Qui da noi non solo non la si combatte, ma gli uomini politici la alimentano, la esibiscono senza freni. Pensa alle battute di Buttiglione o, peggio ancora, a quelle di Silvio Berlusconi. È inaccettabile che si possa dire quello che dice, senza nessuna conseguenza. In una situazione così degradata, tra barzellette omofobe dei nostri governanti, mancanza di una legge contro l’omofobia e le stupide battute allusive di certa televisione, sento l’urgenza di fare qualcosa, e questo libro non sarà presentato solo nelle librerie, ma voglio portarlo nelle scuole per parlare con i ragazzi, per confrontarmi con loro”.