Il nostro caro trash

Diciamo(ce)lo: certe canzoni lasciano il segno. Talvolta sono così… inascoltabili che proprio per questo meritano di essere ricordate e menzionate ai posteri. Come fossero l’antitesi al nostro blasonato Festival, che paradossalmente con il passare degli anni sembra abbia sostanzialmente sovvertito il suo scopo, ossia premiare le canzoni italiane più significative, visti certi risultati oggettivamente scandalosi come l’aver promosso nel 2010 in seconda posizione il terzetto Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici.
D’altro canto parlare sempre e solo di belle canzoni a volte risulta scontato, banale e tutto sommato semplice. “Ci sono migliaia di siti web che parlano ed elogiano i dischi ritenuti ‘stupendi’, ci spiega Vittorio ‘V I K K’ Papa, ideatore del blog Orrore a 33 giri (www.orrorea33giri.com), “cinque anni fa mi accorsi che invece nessuno in Italia avesse pensato a dischi dimenticati e accantonati, per cui eccoci qui; dopo un lustro, riusciamo ancora a suscitare interesse, spinti soprattutto dalla voglia di confrontarci con un’audience più ampia, che solo il web può fornire”.
Orrore a 33 Giri si prefigge di parlare di musica trash italiana e straniera, “weird music”, canzoni comiche e demenziali; suggerisce percorsi alternativi all’ascoltatore, fornendo spunti, riscoprendo dischi e personaggi del passato, senza perdere di vista l’attualità e sempre usando una sana dose di ironia mista a preparazione e conoscenza della materia, senza avere paura di prendere posizioni scomode o impopolari.
Senza scomodare gli stornelli beceri di Occhio Fino e Culattini Fiorello (vedi articolo “Musica e pregiudizi” uscito su Pride di febbraio 2009) – che comunque trovate menzionati sul sito – è sufficiente scandagliare uno qualsiasi degli argomenti che appaiono sulla pagina principale di Orrore a 33 giri per imbattersi in prelibatezze musicali di rara caratura compositiva. Non c’è da stupirsi se una massiccia dose di queste ghiottonerie rientrano sotto l’etichetta “gay music” (http://tinyurl.com/5v6y2wj), poiché statisticamente c’è una miriade di gay che pur di avvicinarsi a un microfono e mettersi in mostra firmerebbe carte false. Non solo. Come confermano anche Francesco “Roger” Roggero e Franco “FrankDee” Malatesta, che affiancano Vittorio nella ricerca e nella proposta delle segnalazioni, “abbiamo scoperto che il pubblico omosessuale è assolutamente attratto e interessato all’argomento! Tanti gay e transgender ci contattano per segnalarci nomi, dischi o rivelarci qualche gossip da dietro le quinte”.
Alcune di queste chicche preziose si perdono nel tempo, altre paradossalmente sono recentissime, segno che la storia musicale del passato non ha insegnato evidentemente nulla o più semplicemente che il dio denaro non si preoccupa del livello culturale di ciò che sforna quotidianamente sul mercato. Vediamone alcune, tra le più eclatanti, ascoltabili su Orrore a 33 giri o rintracciabili su YouTube.
Il gusto per alcune baracconate ha radici lontane: sull’onda del Renatino italiano nel 1979 i Triangolo, capitanati dai fratelli Tirelli (già nei Quarto Sistema assieme a un giovanissimo Cristiano Malgioglio) propongono un pop-rock delirante cercando di elevarsi a Queen e Bee Gees nostrani. Più interessante della musica sono le note misogine (“Gli uomini sono stupidi e le donne ancora di più”) all’interno dell’Lp e le foto in chiaro stile gay leather che lanciano un presentimento sull’identità del gruppo: ci fanno o ci sono?
La vita artistica di Clem Sacco (Clemente all’anagrafe) è simile a quella di tante meteore. Dopo aver riscosso un certo successo negli anni ’60, per sbarcare il lunario in un’epoca non troppo remota, accettò di esibirsi all’Alexander Bar (uno tra i più vecchi locali gay di Milano) en travesti interpretando vari stili, dal rock al soul, in maniera sempre ironica. Il risultato di quelle serate è il disco di Clementina Gay contenente il bizzarro Forse Che Sì, Forse Che No, Non Si Sa! che, considerando lo standard dell’epoca, non sfigura nella media dei brani proposti allora.
Nonostante la censura in Italia, il successo negli anni ’70 di Je t’aime, moi non plus produsse nel nostro paese una serie di canzoni erotiche destinate a un mercato di nicchia. Per lo più questi 45 giri venivano esiliati nei mercatini, non certo esposti nei negozi di dischi più famosi.
Interessante la proposta di Timothy, che affianca a una serie di canzoni etero sullo stile della più famosa d’oltralpe, anche un brano in versione gay. Uscito con il nome di Timothy e Luca, Due descrive nei minimi particolari la fellatio con i fiocchi che Luca ha praticato a un altro, proprio mentre è intento a rendere lo stesso servizio all’amico (Timothy) che nonostante l’incazzatura si eccita come uno stallone. Su Orrore a 33 giri a tal proposito si legge: “Impareggiabile il dialogo tra i due, dove il principio femminista di indipendenza e libertà (anche sessuale) viene ribaltato in chiave omosessuale (‘io faccio quello che mi pare’)”. Fantastico.
Rimanendo a una trentina di anni fa, è emblematica l’esperienza di Louis e Loran, virtuali progenitori dei più recenti Kymera, che propongono con coraggio la loro Gay, riassumendo il peggio di Renato Zero, Cristiano Malgioglio e Raffaella Carrà con un inno pop antesignano dell’emancipazione omosessuale (“Tu sei donna come me, la mia vera identità l’ho nascosta, sai perché? Perché sono gay!”). Ineguagliabile il coretto di rimando… sono gay, sono gay…
Chissà come la prenderebbe Povia se venisse a sapere che già nel 1981 Gianni Greco anticipò con la sua Tommi i pruriti che più tardi sarebbero diventati quelli di Luca che era gay. Tommi racconta la vicenda di un ragazzo ancora evidentemente indeciso che, pronto per uscire al suo primo appuntamento omosessuale, impeccabilmente vestito da donna, si rompe un tacco scendendo le scale e in lacrime torna in casa a chiamare la ragazza che ha conosciuto a scuola, per chiederle di uscire con lui. Gianni Greco, che più tardi come autore de L’elefante gay (portata in auge dall’allora bambina Erika Mannelli all’Ambrogino d’Oro del 1984), chiuderà un’ideale trilogia sull’omosessualità, inserisce come lato b del 45 giri Donna più donna, probabilmente una delle primissime canzoni italiane in cui viene affrontato l’amore saffico, anche se purtroppo il voyeurismo etero pervade tutto il testo conferendogli un che di morboso.
Purtroppo, volenti o nolenti, nella spazzatura musicale non ci finiscono solo le meteore: vi sono personaggi dello spettacolo che magari all’apice della loro carriera, hanno sentito quell’irrefrenabile bisogno di addentare un microfono per puro esibizionismo, con risultati talvolta inquietanti.
Lo scrittore Aldo Busi, ad esempio, si è cimentato una ventina di anni fa in Pazza (mai titolo fu così azzeccato), musicassetta e relativo supporto: un libretto contenente i testi dei brani e due racconti inediti dello scrittore di Montichiari. Elementi che contraddistinguono quest’opera unica nel suo genere (sperando che rimanga tale) sono l’ossessionante desiderio di sbandierare una presunta superiorità culturale e l’assoluta assenza di talento musicale dell’interprete, per altro non mascherata (volutamente?).
Più recentemente anche la drag queen italiana più famosa ha voluto cimentarsi alla voce per passione della buona musica. Platinette da viva – vol.1 racchiude una serie di cover tutto sommato non scontate, ma comunque intrise di “orgoglio gay”. Anche qui il trash si pesa a quintali, ma se nel caso di Busi l’intenzionalità poteva apparire dubbia, qui è una certezza.
Anche il modesto e divino Otelma ha voluto suggellare il sogno di lanciarsi nell’empireo stellato musicale con il cd Divino infarcito di bieca dance e brani nazional popolari pieni di doppi (?) sensi di dubbio gusto. Due titoli su tutti: il Gelato (“Ha due palle, ha un cono retto, bello lungo e prediletto, ha il sapore dell’amore, ne van pazze pure le suore…”) e Ti infilo una candela rossa (dove?). Non c’è che dire, un’uscita divina, come il titolo del brano che chiude questo must della cultura trash.
In mezzo a cotante leccornie di elevato spessore c’è da sbizzarrirsi; certo è che per ricercare queste rarità camp, una certa predisposizione alla cultura gay bisogna pur averla…
“La cosa strabiliante è che non siamo gay, anche se è una domanda ricorrente da parte di chi ci legge; siamo open minded: ci piace avere a che fare con gente simpatica e soprattutto pensante, tutto il resto è noia; sarebbe il nostro sogno organizzare una festa in un locale gay con la gente che balla sulle note de L’elefante gay. Wow, che figata!”. Che frociata, diremmo noi…