Cucù!

No, non sono morto. E neppure licenziato dal direttore. Non avete trovato miei scritti perché sono stato male. Colpa dell’Hiv.
Eccomi qui a scrivere dopo sei mesi di assenza. Già da più di un anno i miei farmaci per l’Hiv sembravano non essere più efficaci, poi l’infiammazione dei nervi che durava dall’anno precedente, e quindi il ricorso a cortisone e antidolorifici sempre più forti, insomma, ad agosto scorso ero veramente al mio minimo storico, in fatto di salute. Tant’è che l’altro ospedale, quello che mi cura l’ipertensione polmonare, dimezzò i costosissimi farmaci due volte di seguito, per non infierire sul fegato. Essendo questa una grave malattia Hiv correlata, mi avvisano di ricominciare ad assumere le pillole nel caso dovessi soffocare. Smetto anche di fumare, per aiutare i polmoni. Pian piano mi riprendo, anche grazie alle cure degli amici intorno, ma la svolta avviene due mesi fa: cambio farmaci.
Ora raltegravir (nome commerciale: Isentress), etravirine (Intelence) e tenofovir (Viread) prendono il posto di lamivudine (Epivir), ritonavir (Norvir) e darunavir (Prezista). Li ho copiati tutti questi nomi, non li so a memoria.
La prima notte il primo cambiamento: non ho sognato. Così come mi sono addormentato, mi sono risvegliato al mattino, e non succedeva da anni, sempre accompagnati da lunghe notti di sogni e risvegli notturni. Poi al mattino non ho dovuto correre in bagno. Chi mi ha seguito in questi dieci anni su Pride sa che, qualsiasi farmaco io prendessi, uno degli effetti collaterali era la diarrea. Basta, finita. Vado come un orologio, anzi, quando ho tempo e voglia, decido io.
Poi, dopo un mese circa, ero ormai certo di un altro cambiamento arrivato lentamente: era tornata la sensibilità alle gambe, ed anche al pisello, fatto questo non marginale. E si sono ridotti gli accumuli di grasso causati dalla lipodistrofia (collo, mento, inguine…), sicché già nel primo mese, senza cambiare dieta, ho perso una decina di chili. Anche le altre volte che ho cambiato farmaci mi sono sentito bene per i primi tempi, perché parte dello stare male è dato dall’esistenza dell’infezione stessa, e solitamente un nuovo farmaco è inizialmente più attivo, ma ogni volta, poco dopo, spuntava un accumulo di grasso in un posto nuovo, o qualche altro effetto strano, e osservare su di sé tutto questo, è veramente deprimente. Questa volta, per ora, sono apparsi solo effetti positivi. Per ora, vedremo in futuro come procederà con questo trattamento.
Dopo tanto pessimismo ora inizio a pensare che i farmaci nuovi siano sempre meno invadenti e più attivi dei precedenti, dall’Azt ci sono stati progressi inimmaginabili.
Continua però, nonostante questi progressi della medicina, a essere molto meno fastidioso usare i preservativi per scopare, piuttosto che farsi curare l’Hiv in ospedale. Dall’Hiv non si guarisce ancora.
Se la salute è la prima preoccupazione per un sieropositivo, il come dirlo a quello con cui stai scopando è la seconda. Per alcuni è il come nasconderlo a quello che ora è a letto con te. Per i più sinceri, ritorna il laboratorio su sieropositività e identità gay: HIVoices.
Visto gli esiti incoraggianti della prima esperienza fatta l’anno scorso a settembre (i cui partecipanti potranno prendere parte a una seconda fase organizzata esclusivamente per loro il prossimo settembre), Sandro Mattioli sta organizzando un secondo gruppo di omosessuali maschi e sieropositivi per un laboratorio dal 6 all’8 maggio, sempre sull’Appennino romagnolo, sempre a dieci euro a testa. Quando vivere come sieropositivo è difficile, c’è chi ci può aiutare.
Cercate HIVoices sul sito www.casserosalute.it o scrivete a salute@cassero.it fino al 26 aprile, data di chiusura delle iscrizioni.
Riporto, dalla presentazione del laboratorio:
“Omosessualità e sieropositività: due realtà accomunate fin dall’inizio della comparsa del virus Hiv nei primi anni ’80 del secolo scorso. E ancora, dopo tutto questo tempo, essere sieropositivi è difficile: una dimensione di vita invisibile, un segreto da non svelare, spesso e volentieri nei locali lgbtq, nei luoghi di incontro a scopi sessuali, nelle associazioni, in chat.
Essere omo/bisessuali. Vivere con Hiv. Una doppia “sfiga”?
La prima: essere discriminati in quanto persone dotate di un orientamento sessuale altro da una società a maggioranza eterosessuale, machista, sessista e… sana.
La seconda: non essere accettati e visibili all’interno della comunità lgbtq in quanto persone sieropositive.
“Perché se lo dico, poi non scopo più!”.
“Perché se lo dico, poi mi trattano in modo diverso”.
“Perché se lo dico, poi mi guardano come se fossi un untore”.
P.S. Gli amici, oltre ad aiutarmi in questi mesi, hanno sopportato i miei malumori e le mie passeggere défaillance intellettive. Quando si sta male si peggiora in tutto. Li ringrazio di cuore. Loro sono la mia grande famiglia.