Trans avanguardia

“Essere donna è un dono della natura, oppure, come nel mio caso, un regalo che mi sono fatta da sola”. Questo aforisma di Vladimir Luxuria è ormai un classico e sintetizza bene il più rilevante fenomeno mediatico lgbt contemporaneo a livello internazionale con una visibilità trans mai vista soprattutto in tv e al cinema.

È inutile tentare spiegazioni sociologiche, andranno fatte tra qualche anno, ma possiamo tentare un’analisi della sua evoluzione. Tutto nasce in America e a far da capofila a questa inedita “trans avanguardia” troviamo un personaggio che è riuscito davvero ad arrivare nel cuore degli statunitensi: Caitlyn Jenner. L’ex campione olimpionico di decathlon, sei figli, ha raggiunto la massima popolarità a giugno grazie a una delle più belle cover di Vanity Fair firmata da Annie Leibovitz (ma l’antesignana è stata l’attrice trans Laverne Cox della scatenata serie carceraria Orange Is The New Black, apparsa esattamente un anno prima sulla copertina di Time). Non è secondario, per capire come mai gli americani la amino così tanto, il fatto che Caitlyn Jenner abbia completato la sua transizione avanti negli anni, ne ha 66, e sia un’amorevole nonna, con un fortissimo senso della famiglia. La serie di documentari sulla sua vita I Am Cait, realizzata “per aiutare me stessa e gli altri, e per spiegare come ridurre il tasso di suicidi tra i transgender” sta avendo un enorme successo sul canale E! (similare è l’apprezzato reality I Am Jazz su TLC dedicata alla trans quindicenne Jazz Jennings). Ma lo sdoganamento definitivo dell’argomento, almeno in televisione, è appannaggio della serie tv pluripremiata Transparent ideata e diretta da Jill Soloway, arrivata a giugno su Sky Atlantic e nel frattempo già rinnovata fino alla terza stagione negli Stati Uniti. La sua forza sta tutta nella profonda naturalezza con cui si rende sullo schermo la quotidianità di un ex professore universitario, Mort Pfefferman (un eccezionale Jeffrey Tambor premiato col Golden Globe) che effettua la sua transizione in Maura, anche in questo caso già in là con gli anni.

La tv italiana, nel suo piccolo, ha intercettato la tendenza e non è certo un caso che una delle protagoniste del Grande Fratello 14 sia la trans Rebecca, a cui hanno persino fatto baciare sulla bocca Luca Argentero di ritorno undici anni dopo nella casa che gli diede notorietà e ora in promozione con la commedia Poli Opposti di Max Croci: ma qui lo scopo è stupire piuttosto che dare un’idea di normalità. Molto meglio i toccanti racconti in prima persona di Vite Divergenti – Storie di un altro genere (Realtime, lunedì alle 21), quattordici persone transessuali legate al Movimento Identità Transessuale, tra cui la coriacea presidentessa Porpora Marcasciano, che davanti alla videocamera rendono partecipi gli spettatori delle loro svolte esistenziali, spesso straordinarie, con spontanea sincerità.

Anche il cinema cavalca l’onda trans: a febbraio potremo vedere in sala l’atteso The Danish Girl di Tom Hooper, vincitore a Venezia del Queer Lion, sulla prima trans operata della storia, la pittrice danese Lili Elbe. La vera novità sta però in piccole produzioni che, finalmente, fanno interpretare personaggi di transessuali a vere trans, come la commedia indie Tangerine di Sean Baker, acclamata al Sundance, con Kitana ‘Kiki’ Rodriguez e Mya Taylor, oppure il malinconico dramma cileno La visita di Mauricio Lopez Fernandez illuminato dalla rivelazione Daniela Vega. Altra bella sorpresa è la magnetica Michelle Handley nella graziosa commedia americana Boy Meets Girl di Eric Shaeffer che resterà nel cinema queer soprattutto per il più temerario full frontal integrale transex dai tempi de La moglie del soldato.

Ma è soprattutto il cinema della realtà a imporsi, poiché uno dei migliori documentari dell’anno resta l’emozionante e sensibile Call Me Marianna della polacca Karolina Bielawska, premiato all’ultimo Festival di Locarno, su una trans quarantenne colpita da ictus. L’unica produzione nostrana degna di rilievo, a questo proposito, è il delicato lungometraggio di finzione Arianna diretto da Carlo Lavagna su una diciannovenne che non ha mai avuto le mestruazioni (Ondina Quadri). Durante le vacanze estive scopre la propria natura intersex: proprio quest’idea di fluttuazione identitaria e del desiderio, molto contemporanea, potrebbe essere una delle ragioni del fascino irradiato dalla transessualità e dall’intersessualità, incarnanti come non mai un concetto di libertà individuale assoluta svincolata dalle categorie sociali che però, soprattutto in Italia, ha sempre più bisogno di una tutela politica (in Francia il tribunale di Tours ha riconosciuto il 20 agosto scorso il ‘sesso neutro’ nello stato civile di un intersessuale 64enne: è la prima volta in Europa).

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