Profondo, grosso

Sesso e settima arte, che passione. L’ultima frontiera del cinema queer prenderà corpo – e volume – al primo Fish & Chips International Erotic Film Festival (14-17 gennaio) dove si potranno vedere in anteprima alcuni lavori sperimentali in cui il porno lgbt si fa artistico, o perlomeno cerca di esulare dal suo scopo primario: eccitare lo spettatore, e si innesta come qualsiasi altro elemento della narrazione, in un solco ormai diffuso nella cinematografia d’autore contemporanea.

Sarà infatti presentato il documentario Folsom Forever di Mike Skiff sulla celebre leather fair di San Francisco, sarabanda fetish all’aria aperta dove si possono incontrare le celebrità della Kink in articolate performance bondage o in acrobatici hogtie alla BoundGods più o meno sadomasochistici (anche Love Hard di Bobby Harrington e Gala Vanting parla di nodi e sospensioni, ma in chiave pansex). L’orientamento artistico è sempre più gender, con fluttuazioni identitarie sempre meno connotate attraverso il codice binario maschile/femminile: ecco lo sperimentale Hanky Code: The Movie firmato da un anonimo collettivo americano e il corto ultragenere brasiliano Copyleft di Rodrigo Carneiro.

Il grande spartiacque dello sdoganamento dell’hard nel cinema cosiddetto “tradizionale” è stato il geniale Nymphomaniac di Lars Von Trier, cinque ore e mezza di odissea visiva di una ninfomane interpretata da Stacy Martin, Charlotte Gainsbourg e due bambine, in cui il sesso esplicito (attenzione: è da vedere nella versione integrale, cinque ore e mezza che volano via come un orgasmo prolungato) è assolutamente necessario alla trama, e rende benissimo la solitudine torturata di una donna innamorata di suo padre che sperimenta praticamente tutto lo sperimentabile a livello sessuale, tra cui una relazione lesbica con una ragazza che cresce praticamente come sua figlia adottiva. Occhio, però: tutte le scene hard sono rielaborate in postproduzione e i sessi di attori e attrici sono in realtà di veri professionisti del porno.

Ma sempre lo stesso Von Trier, già nel rivoluzionario secondo film del suo movimento Dogma, Idioti (1998), metteva in scena un’orgia tra finti handicappati che scandalizzò il Festival di Cannes. Sempre sulla Croisette, quest’anno, ha annoiato a morte il pubblico che scappava a frotte, lo strombazzato porno in 3D Love di Gaspar Noè, sarà probabilmente al Fish & Chips, ridicolo melò hard recitato coi piedi (e coi sessi sempre eccitati), il cui unico motivo di interesse erano bizzarre eiaculazioni rivolte agli spettatori costretti a chiudere gli occhi o ridicole soggettive uterine: risate fragorose in sala.

E così, anche il cinema lgbt, che negli anni Settanta e Ottanta era molto più coraggioso nel mostrare il sesso esplicito (pensiamo a Cruising o alle provocazioni warholiane), sta scoprendo la luce rossa, rendendola arcobaleno e facendola uscire dal circuito dell’hard online, dandogli connotazioni artistiche. E già si profila una curiosa tendenza: sesso esplicito sì, ma anche horror. Così il nuovo vampirismo è fatto di succhiatori non solo sanguinolenti, come l’anarchico L. A. Zombie (2010) di Bruce Labruce con la Stella Rossa per eccellenza, François Sagat, ora conteso da autorevoli cineasti d’essai quali il sofisticato Christophe Honoré, oppure la recente rivelazione argentina Heterophobia del talentuoso Goyo Anchou, intrigante seduzione visiva sperimentale in cui un vampiro gay avido di qualsivoglia liquido maschile è la metafora del puro odio, della rabbia cieca.
Anche una commedia sentimentale piuttosto verbosa, I Want Your Love di Travis Mathews, innesta scene d’amore a pelle senza censure, e non a caso è stata coprodotta da un noto sito porno gay, NakedSword.

Anche il porno artistico femminile, solitamente relegato nella produzione hard per maschi etero, sta scoprendo una nuova vivacità sulla scia delle ormai celeberrime scene di sesso del capolavoro di Abdellatif Kechiche, La Vie d’Adèle: se pensiamo che uno dei miglior film queer dell’anno è una perla lituana che potrebbe arrivare all’Oscar, The Summer of Sangailé di Alanté Kavaïté, il merito è anche di una splendida scena d’amore in un prato che riesce a essere estremamente eccitante mostrando solo lembi di pelle e labbra frementi desiderio. Vedo non vedo, e quindi immagino: il segreto (e il discrimine tra pornografia tout court e arte) è sempre lo stesso. Nell’intrigante video musicale Rub della cantante canadese Peaches, singolo dell’audace e notevole album omonimo in cui spiccano brani dai testi dichiaratamente hard quali How You Like My Cut e Dick In The Air, si vedono orge lesbiche, estrazioni di boa di struzzo e microfoni da vagine titillate in ogni modo e persino la magnifica trans Danni Daniels che si scatena in un cockslapping divertito per la gioia di una lesbica adorante.
Come canta Peaches, la ricetta per godere e divertirsi è semplice: “Come with me, feel free!”. Ovviamente con il preservativo.

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