Veronica Pivetti, primo film da regista sul coming out

Per la seconda volta Pride intervista Veronica Pivetti, e l’occasione è la proiezione straordinaria in Sala Alessi del Comune di Milano del suo esordio alla regia cinematografica con il film Né Giulietta né Romeo, a cui seguirà un dibattito insieme all’assessore alle politiche sociali Pierfrancesco Majorino. La pellicola è sponsorizzata da Amnesty International ed è stata realizzata con contributi della Regione Lazio.

Con questo lavoro Veronica Pivetti ha definitivamente conquistato il titolo di straight ally, alleata eterosessuale che parla a favore della comunità LGBT e usa le sue influenze e capacità per agitare le coscienze di tutti.

Il film è una commedia e racconta di Rocco che ha sedici anni, genitori separati, un ottimo rapporto con la mamma e la stravagante nonna, ma pessimo col padre, egocentrico e distante. Sempre vicini a lui ci sono i suoi migliori amici: Maria, una simpatica ragazzina molto vivace, e Mauri, un po’ goffo e ingenuo. L’equilibrio della sua vita sussulta quando a scuola si innamora di un altro ragazzo e decide di rivelare la propria omosessualità ai genitori, perché li ritiene emancipati e pronti a poter ricevere senza traumi particolari la notizia. Scopre con sorpresa, invece, tutte le difficoltà che ancora nel 2015 un coming out inaspettato può provocare, e deluso dalla reazione della famiglia scappa di casa per andare a vedere il concerto del suo cantante preferito, giovane icona gay. Così, madre e nonna lo inseguono in un viaggio esilarante che da Roma porterà tutti a Milano e a conoscersi meglio.

unnamedNella locandina del film oltre al titolo è scritto “Se guardi con il cuore non c’è differenza”, un richiamo al Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry. Una frase apparentemente semplice e logica ma che spesso si scontra contro il muro della realtà. Se il cuore non supera il muro si resta al palo. Pensa che sia difficile per una persona adulta, genitore o meno, continuare a crescere e ad accettare le sorprese della vita?

Io non penso che sia difficile, io constato che è difficile. Nel film io non racconto di una famiglia chiusa e retrograda dove chiaramente un ragazzo se dice di essere omosessuale chissà cosa succede. Io racconto di una famiglia progressista e aperta che pensa “che problema c’è (quando si tratta degli altri)”, e di Rocco che pur con pudore adolescenziale non ha dilemmi a rivelarsi perché è convinto che la notizia sarà accolta senza patemi d’animo. Ma davanti alla realtà dei fatti il guaio è che la famiglia opera un voltafaccia tremendo, e quelli che lui pensa siano i suoi amici diventano i suoi nemici. Rocco non prevede la catastrofe che innesca o probabilmente non farebbe il grande passo.

In effetti se da una parte ci si libera di un peso, spesso facendo coming out non ci si rende conto che allo stesso momento si lancia una bomba accesa che se esplode provoca reazioni che non si è previsto di dover gestire, e magari non si sa nemmeno bene come farlo.

È vero non è previsto ma il succo è tutto che se tu ami una persona vuoi la sua felicità. Quindi se una persona è felice perché è così, qualsiasi cosa lui o lei scopra di essere, chi sei tu per decidere come lei deve essere felice, o cosa non la renderà felice perché non dà felicità a te? D’altra parte i genitori si fanno spaventare anche da altre cose e magari pensano che il figlio debba fare un certo tipo di carriera e lui vuole invece fare tutt’altro. Anche quello butta in crisi una famiglia, figuriamoci un orientamento sessuale che è un argomento più delicato, meno trattato, più pieno e gonfio di pregiudizi. In teoria un genitore dovrebbe limitarsi a dire: “Cosa hai fatto? Cosa vuoi fare?”

Da un punto di vista gay il titolo del suo film suona strano: Né Giulietta né Romeo. Paradossalmente noi lo vedremmo meglio come titolo di un documentario a tematica transgender. Forse però anche noi restiamo comodamente attaccati a degli stereotipi. Cosa l’ha spinta a scegliere questo titolo, ulteriore citazione letteraria?

Il titolo del film in realtà significa “non catalogatemi”. Gli eterosessuali per eccellenza sono Giulietta e Romeo. Lui ama lei follemente e lei ama lui follemente, ma anche lì bisogna dire che i genitori non hanno capito niente, poveri loro che non sono finiti bene. Il vero stereotipo è la loro storia d’amore per eccellenza perché ci sono due persone che rispondono ai ruoli sociali. Quello che volevo dire io è che anche per Rocco il ruolo c’è ma purtroppo non è contemplato dalla società o peggio ancora è ostacolato o deriso. Purtroppo questo succede. Usciamo dalle regole scritte da altri.

Molte critiche sono state rivolte al suo lavoro di regia considerato immaturo e alla sceneggiatura troppo discontinua. Concentrandosi sulla tecnica, magari in buona fede, si è perso però di vista il valore sociale e culturale della pellicola. Crediamo, infatti, che molti genitori e molti figli e figlie si ritroveranno negli episodi salienti della storia e si sentiranno meno soli. Ha avuto difficoltà nella realizzazione del film e nella sua distribuzione?

Sì di difficoltà ne ho avute molte. Non perché fare un film di per sé non è facile ma perché in Italia è reso difficile fare un film che affronti certe tematiche. Parlando invece dei critici, ci sono persone che lo fanno di mestiere e poi, con tutto il rispetto, c’è internet dove chiunque può mettersi a bombardare o esaltare qualsiasi cosa. A me ha fatto piacere ricevere riscontri da persone che mi interessavano, e non tutto è piaciuto e lo rispetto ma, dirò la verità, le critiche sulla rete non le ho neanche lette. Basta un pizzico di invidia e tu diventi subito un’incapace.

Direi che ha fatto bene, in fondo anche Madonna dichiara che non legge mai cosa dicono di lei sui giornali.

Povera Madonna, credo che sia molto più invidiata di me e penso che su di lei diranno cose ben peggiori di quanto non capiti a me dato che più sali e più sei un bersaglio.

C’è sempre il gusto personale e internet è uno spazio libero dove esprimersi e un bellissimo strumento da cui stare alla larga. Con il mio film io volevo dire determinate cose, e proprio perché era difficile farlo l’ho voluto realizzare. La pellicola è rivolta a tutti ma dal mondo di cui io ho voluto parlare e a cui è dedicato ho avuto reazioni molto positive ed è questo che a me interessa. E per fortuna la pellicola è piaciuta anche a molte persone che fanno questo mestiere.

La proiezione speciale a Milano si ritrova a ridosso di due eventi di piazza che si sono letteralmente affrontati a singolar tenzone, “Svegliati Italia” di sabato 23 gennaio a favore del riconoscimento dei diritti civili e il “Family Day 3” la settimana successiva. Qual è la sua posizione su unioni civili, matrimonio egualitario e apertura alle adozioni? In altri paesi dove da anni tutto questo è già entrato in vigore non si è visto nessun meteorite abbattersi sul Parlamento come segno di punizione dall’alto o altri flagelli sociali, nemmeno una volgare invasione di cavallette…

La mia posizione non è quella del Family Day e mi sarebbe piaciuto contarli per vedere quanti erano realmente. All’estero non solo non c’è stata alcuna sciagura ma nemmeno le famiglie cosiddette tradizionali sono state scardinate e deportate da qualche parte. Quello che non riescono a capire o forse non vogliono capire, e soprattutto i politici di quella parte lì fanno di tutto perché non venga capito, è che nessuno ti tocca la tua famiglia fatta bene e come piace a te. Nessuno tocca quella cosa, semplicemente si allargano i diritti e la responsabilità dei doveri a persone che hanno un altro tipo di famiglia.

Secondo me hanno davvero tanta paura ma la domanda è: di cosa? La risposta purtroppo non c’è. Sono talmente trincerati dietro ai loro pregiudizi che la paura li annebbia e non sanno nemmeno di cosa hanno paura. Non capisco come un essere umano debba dire a un altro: “Tu quella cosa non la devi fare”. La storia va a zigzag e comunque a rilento ma si sta facendo tanto per cambiare lo stato delle cose e io spero di aver fatto qualcosa anche con questo film.

Ogni gruppo avrà sempre il suo irriducibile nemico, pensare il contrario è un po’ un mondo di utopia.

Non ha senso parlare di nemici perché nessuno tocca i diritti già acquisiti ma mi è incomprensibile questa furia, questo accanimento contro. I gruppi sono fatti da singoli e ognuno dovrebbe chiedersi in privato se realmente voleva la vita che sta facendo, se voleva proprio una moglie o voleva proprio un marito o dei figli, se sono giuste le sue scelte o se pensa di aver sbagliato. Basterebbe un po’ di sincerità per cambiare molte cose.

La nonna è una vera icona gay: elegante ed eccentrica, vecchio stampo ma pronta a criticare con acida arguzia e senza peli sulla lingua il contemporaneo mondo che la circonda. Estrapoliamo dal contesto della scena una sua frase molto divertente: “Il futuro non è più quello di una volta”. Abbiamo delle speranze o isolati dalla catena delle Alpi ci aspetta un Medioevo prossimo venturo?

La domanda mi lascia perplessa perché ci siamo risposti con quanto ci siamo detti finora. A me pare che ci siamo in pieno nel Medioevo. Io sono una cittadina di questo paese e il paese va in una certa direzione. Nel mio piccolo faccio questo percorso ma quello che vedo non è di certo incoraggiante però prima o poi le rivoluzioni arrivano. Sarebbe bella una rivoluzione culturale senza morti né feriti, soltanto cervelli che si confrontano e partoriscono nuove idee. Sarebbe così bello. Vedremo quello che succederà, non ne ho la più pallida idea. Su questo non posso essere proprio di aiuto.

 

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