Il teatro di marzo

È ancora vivo il ricordo dell’originale rilettura che il regista Antonio Latella aveva operato su Le lacrime amare di Petra von Kant di Fassbinder. Decidendo di continuare l’esplorazione dell’opera del cineasta e drammaturgo tedesco non si sofferma ora su un’altra pièce ma sceglie, attraverso la sua scrittura a quattro mani con Federico Bellini, di ispirarsi alle figure femminili dei suoi film. Prodotto da Emilia Romagna Teatro, nasce così Ti regalo la mia morte, Veronica in cui prosegue l’analisi dell’universo della donna alla luce dei miti del cinema occidentale, focalizzando l’attenzione sulle icone che quelle pellicole hanno regalato alla memoria collettiva. Ecco allora che in un gioco di rimandi accanto a Veronika Voss (l’attrice degli anni cinquanta a fine carriera che diventa schiava della droga) sembrano materializzarsi Rossella O’Hara e Blanche Dubois, le protagoniste di Francamente me ne infischio e Un tram che si chiama desiderio, già messi in scena da Latella. Monica Piseddu si conferma eccellente protagonista. In marzo al Sociale di Brescia (1/2), Ponchielli di Cremona (3), Teatro Due di Parma (4-6) e all’Elfo Puccini di Milano (15-23).
Capita talvolta che due vite ai margini vengano a contatto e, superate incomprensioni e spigolosità, riescano a capirsi e confortarsi. Accade in Lei e lei (scritto, diretto e interpretato da Giampiero Cicciò) durante tre notti (quelle di Natale, Capodanno ed Epifania) in una piazza di Messina quando un maturo travestito siciliano e una giovane prostituta romana (Federica De Cola) s’incrociano per caso. Lui ha fallito le ambizioni di diventare una drag singer ma coltiva la passione del tango, lei ha tentato senza successo di fare l’attrice. Saranno i racconti di episodi tragici o esilaranti del passato del primo, la sua capacità di trasfigurare la realtà e la potenzialità terapeutica del ballo a ridare alla ragazza la gioia di vivere e la forza per esprimere una femminilità prima repressa. Al teatro Lo Spazio di Roma dall’1 al 6/3.
Al pubblico lgbt Mark Ravenhill ha regalato spettacoli di culto come Shopping and Fucking e Mother Clap’s Molly House: ora l’autore inglese s’ispira a Voltaire per la sua riscrittura di Candide, del 1759 come indignata risposta a quanti si erano convinti che il devastante terremoto di Lisbona fosse parte di un piano divino per il bene dell’umanità. Oggi il sisma è rappresentato dalla crisi ideologica, morale e politica di cui anche l’ottimista e sognatore Candide deve prendere atto, vedendo che il mondo ritenuto il migliore possibile comincia a crollargli addosso. Regia di Fabrizio Arcuri, tra gli interpreti Filippo Nigro, Lucia Mascino e Francesca Mazza. In prima nazionale all’Argentina di Roma sino al 13/3.

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