Unioni imperfette

Festeggiare o no l’approvazione della legge sulle unioni civili? Se lo sono chiesto diverse organizzazioni LGBT la sera dell’11 maggio, quando la Camera ha dato il definitivo semaforo verde alla norma. È pur vero che per la prima volta nel nostro paese le coppie omosessuali vengono riconosciute giuridicamente, ma se l’obiettivo era di sancire una parità con il matrimonio omosessuale evidentemente non è stato ancora centrato. Quindi, celebrare il passo avanti o protestare contro la mancata equiparazione? Gay e lesbiche italiani si sono divisi. Alcuni hanno brindato in strada, come accaduto nella Gay Street della capitale accanto a un Colosseo illuminato, insieme ad altri monumenti cittadini, con i colori dell’arcobaleno. “Finalmente riconosciuti!” scandivano alcuni giovani attivisti romani. Ma molti altri hanno preferito evitare ogni manifestazione di entusiasmo. Compresi i vertici delle maggiori organizzazioni LGBT. Il segretario nazionale di Arcigay Gabriele Piazzoni lamenta che “questa legge arriva con molto ritardo e con molti limiti”, mentre Mario Colamarino, presidente del circolo Mario Mieli, riconosce “il passo avanti compiuto, ma non siamo pienamente soddisfatti di questa legge, che ci lascia dell’amaro in bocca”.
La voce più fortemente critica sulla legge viene però dagli “specialisti” del settore: i giuristi di Avvocatura per i diritti LGBT – Rete Lenford si sono espressi più volte negli ultimi mesi contro il disegno di legge Cirinnà. Nella audizione tenuta al Senato il 12 febbraio in fase di discussione del provvedimento, Rete Lenford sottolineava che “l’introduzione dell’unione civile, anche egualitaria, crea in ogni caso una discriminazione nei confronti delle persone omosessuali, alle quali si preclude l’accesso al diritto fondamentale al matrimonio in ragione di una caratteristica personale ascritta, qual è l’orientamento omosessuale”.
Concetto ribadito nuovamente da Maria Grazia Sangalli, avvocata e presidente di Avvocatura per i diritti LGBT: “Nel contesto giuridico attuale l’uguaglianza è rappresentata solo dall’estensione del matrimonio. Tutto il resto, piaccia o no, istituzionalizza una discriminazione. La legge di regolamentazione delle unioni civili introduce un istituto non egualitario, perché non estende tutti i diritti previsti dal matrimonio, separato perché riservato alle sole coppie omosessuali, lesivo della dignità delle persone gay e lesbiche e discriminatorio perché esclude la genitorialità delle persone omosessuali e i diritti dei minori di essere tutelati all’interno della propria famiglia”.
D’accordo, si poteva fare meglio, si poteva fare di più. Ma non credete che sia meglio partire da questa legge anziché da zero per ottenere la completa uguaglianza?
L’iter legislativo del disegno di legge Cirinnà e il suo epilogo, con la proposizione della fiducia, dimostrano che lo scontro politico e ideologico che hanno scatenato le unioni civili sarebbe stato lo stesso se si fosse proseguito con l’iter legislativo sul matrimonio. Si è preferito puntare alla ricerca disperata dell’unità all’interno del PD, come se il problema fosse quello e non i diritti che non ci sono. Questo ha prodotto un dibattito diseducativo, tutto inclinato sul piano dell’“uguale ma differente”: famiglie ma non troppo, non matrimonio ma quasi, e così via. Su questo si è consumata tanta retorica. Quando riusciremo a parlare finalmente di uguaglianza si dovrà riaffrontare lo stesso scontro politico e ideologico, ma gli avversari potrebbero essere ancora più forti.
Rete Lenford è stata anche molto attiva nell’ottenere una serie di sentenze che hanno reso non rinviabile l’intervento del legislatore in questo senso. È questa la strategia che occorrerà seguire anche per la rivendicazione del matrimonio egualitario?

D’ora in avanti sarà ancora più necessario far emergere nelle aule di giustizia le disparità di trattamento che riguardano le persone gay e lesbiche e che scaturiscono, in parte, da questa stessa legge. Da oggi è possibile chiedere alle corti, in via interpretativa o in via di controllo di costituzionalità, l’adeguamento di queste norme ai principi del nostro ordinamento giuridico e dell’ordinamento sovranazionale.
Come si inserirà questa legge nel contesto giuridico esistente? In particolare, cosa accade per chi ha contratto matrimonio all’estero? 
Ai matrimoni contratti all’estero verrà applicata la disciplina sulle unioni civili con tutto ciò che ne consegue.
Invece, la seconda parte della legge che regola le convivenze in che rapporto si pone con i registri delle unioni civili che esistono in diversi comuni italiani? Potranno dare un valore giuridico maggiore a questo strumento rimasto finora poco più che simbolico?
I registri delle unioni introdotti da molti comuni perderanno di senso. Il testo unico sull’ordinamento di stato civile dovrà essere adeguato alle nuove disposizioni entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge (che avviene quindici giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), mediante decreti legislativi. Entro trenta giorni, in ogni caso, la presidenza del consiglio emetterà un decreto attuativo “ponte” stabilendo le disposizioni transitorie per la tenuta dei registri di stato civile.
Le chiedo adesso un commento politico: per ottenere riconoscimenti è necessario lavorare da un lato utilizzando gli strumenti della giurisprudenza, come ha fatto Rete Lenford, dall’altro facendo pressione politica. In questo secondo aspetto del lavoro di advocacy che è stato condotto, secondo lei si poteva fare di più e meglio? Come?
Non scherziamo, da questo punto di vista è stata una vera disfatta. Il parlamento ha approvato una legge non perché spinto dal lavoro di advocacy del movimento ma perché era un obbligo imposto dalla Corte europea dei diritti umani e soprattutto perché “serviva” nel contesto internazionale. I tavoli di confronto che il PD ha organizzato in questi mesi con le associazioni lgbti avevano lo scopo di prefigurare esiti catastrofici per far accettare come inevitabili le continue erosioni del testo ma resto convinta del fatto che l’impianto della legge fosse già scritto: unioni civili senza stepchild adoption. Peraltro i suggerimenti delle associazioni non sono mai stati presi in considerazione. Politicamente sarebbe stato dunque più opportuno ed efficace in termini di comunicazione, che il movimento mantenesse una linea di rigore, mentre in tanti si sono piegati a un atteggiamento ambivalente, invocando il matrimonio egualitario da un lato e sostenendo il DDL Cirinnà, qualunque fosse il contenuto, dall’altro.

Be the first to comment

Leave a Reply

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*