Cirinnà, e adesso?

La Cirinnà, ufficialmente legge n.76/2016 “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, è entrata in vigore come previsto il 5 giugno. Entro 30 giorni a partire da quella data il Consiglio dei Ministri dovrà emanare un decreto attuativo, necessario per stabilire a livello pratico come le unioni civili si dovranno “costituire” (così recita la legge) e come dovranno essere registrate negli archivi di stato civile dei comuni.
Ma non è finita qui, essendo delle norme elaborate da un’autorità amministrativa, dovranno ottenere il parere del consiglio di Stato, sulla loro costituzionalità e aderenza ai principi contenuti nella legge Cirinnà.
Questo potrebbe richiedere un altro mese, ma non è del tutto superfluo, dato che il decreto attuativo sarà elaborato dal ministero dell’Interno di Angelino Alfano!
Un secondo passaggio dovrà essere fatto alla Corte dei Conti, che ne deve assicurare la copertura finanziaria, passaggio però idealmente rapido dato che il decreto non prevedrà spese.
Quindi è possibile stimare che le unioni civili non potranno essere “costituite” prima di fine estate. Il decreto attuativo sarà però provvisorio, permetterà alla legge di produrre effetti mentre il Ministero della Giustizia elaborerà i più corposi decreti legislativi che il Governo dovrà adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore, per riordinare tutte le norme toccate dalla legge Cirinnà (su stato civile, diritto di famiglia e così via). Questi dovranno seguire lo stesso iter davanti al Consiglio di Stato e alla Corte dei Conti prima di entrare in vigore a loro volta, dopodiché la legge Cirinnà sarà completamente attuata nel nostro ordinamento.
Questo secondo passaggio, in particolare, è necessario affinché le coppie unite all’estero possano vedersi riconosciuta ufficialmente l’unione in Italia.
La seconda parte della legge, quella sulle convivenze di fatto, è però già pienamente operativa e il 9 giugno è stata registrata la prima convivenza di fatto da parte di una coppia omosessuale. È successo ad Andria, in Puglia, ed è stato documentato da uno dei componenti della coppia, Nunzio Liso.
Molti comuni hanno celermente approntato la modulistica e, al momento, dovrebbe essere possibile registrare le convivenze virtualmente ovunque. Ma in questi moduli, come da indicazioni del Ministero, c’è un grosso problema.
Il primo punto della dichiarazione (prendiamo per esempio quella di Milano, il primo comune a pubblicarla online) infatti riguarda l’essere iscritti allo stesso stato di famiglia anagrafico, il che vuol dire essere residenti nello stesso comune e coabitanti. Questo è un controsenso, poiché si parla di convivenze “di fatto”. Inoltre questo esclude molte coppie stabilmente conviventi “di fatto” che però non possiedono questo requisito.
Su questo punto si è espresso molto chiaramente il Tribunale di Milano in un’ordinanza datata 31 maggio, del magistrato Giuseppe Buffone. Nel documento si legge che “avendo la convivenza natura fattuale […], la dichiarazione anagrafica è strumento privilegiato di prova e non anche elemento costitutivo”, poiché la definizione che la legge dà di conviventi di fatto è “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale”.
Ne consegue che per la registrazione della convivenza dovrebbe essere possibile anche qualora la coppia non faccia parte del medesimo stato di famiglia, ove sia possibile dimostrate la stabilità del legame in altro modo.
L’interpretazione della legge del ministero pare quindi eccessivamente restrittiva, nonché non coerente con la consolidata giurisprudenza dei nostri tribunali in materia di convivenze. La questione è ancora aperta, con l’aumentare delle richieste probabilmente si avranno chiarimenti da parte del governo o dei giudici.
Resterà poi da vedere quale impatto avrà l’obiezione di coscienza per le unioni civili promessa da molti sindaci, nonché quale esito avrà il referendum abrogativo per la legge Cirinnà proposto con grande clamore da alcuni esponenti politici del centrodestra. Insomma, la strada delle unioni civili all’italiana pare ancora in salita.

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